Lo “Schioppettino di Prepotto – Visitando un vigneto di Schioppettino – Parte 3

Ed ecco sua maestà, lo Schioppettino

Il suo nome deriva probabilmente dalla particolare croccantezza dell’acino. Infatti a maturità se schiacciato tende appunto a “schioppettare”! Altre fonti invece, ne attribuiscono questo nome alla tendenza che tempi addietro avevano le bottiglie di questo vino a svolgere la fermentazione malo- lattica in bottiglia se imbottigliati giovani, provocandone l’esplosione.

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E’ una varietà molto delicata, ma anche selvaggia e imprevedibile,

a detta di Michele. Ci sono voluti molti anni di diradamenti, potature e legature sperimentali per ottenere dal suo allevamento delle qualità costanti che permettessero l’attuale equilibrio ed eleganza.

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Le piante che vediamo sono particolarmente sane, nonostante l’annata sia stata piuttosto severa con la nostra regione in termini di condizioni fitosanitarie. Il merito va sia alla particolare posizione del vigneto, situato in zona più asciutta e ventilata, che alle cure del suo proprietario, ovviamente. Si notano i grappoli un po’ spargoli, conseguenza di un’allegagione che ha sofferto  le piogge d’aprile. Ciò porterà dunque ad una produzione lievemente inferiore che potrebbe esser il viatico per un’eccellente qualità!

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Questo è Marco Iacolettig, il nostro primo ospite.

In questa zona lo schioppettino è considerato alla stregua dell’eroe locale. E’ stato questo vino che infatti durante gli ultimi 40 anni ha portato alla riscoperta del territorio ed alla sua rivalutazione. Attualmente sono coltivati 400 ha di vigneti dei quali il 20% circa sono dedicati esclusivamente a questa varietà. Se ne producono con denominazione Prepotto 90mila bottiglie ma questi numeri sono costantemente in aumento. Questo incremento è regolare ma volutamente moderato dal momento che entrare in commercio con questo tipo di uva significa investire senza rientro per almeno 8 anni ( anziché 5 di un normale vigneto!!).

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Mi ha stupita molto scoprire che la passione e la volontà di questa comunità per creare un prodotto assolutamente speciale li ha spinti fino alla ricerca e alla selezione del ceppo di lieviti indigeni più adatti alla vinificazione. Questo significa che dopo anni di campionature di acini, mosti e vini, dopo centinaia di test ed analisi di DNA microbiologici e organolettica dei vini si è giunti non solo ad individuare il ceppo di lieviti autoctono più favorevole alla vinificazione tradizionale (che unisce caratteristiche di efficacia, costanza e qualità organolettica del prodotto finale), ma ad iniziarne una .produzione industriale che ne standardizzi le caratteristiche e li renda disponibili per tutti i soci.

 

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